Newsletter senza consenso: la Corte di giustizia europea fa chiarezza per i rivenditori online: fine dei timori sul double opt-in?
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Pubblicato il: 19 novembre 2025 / Aggiornato il: 19 novembre 2025 – Autore: Konrad Wolfenstein

Newsletter senza consenso: la Corte di Giustizia Europea chiarisce per i rivenditori online: fine dei timori di double opt-in? – Immagine: Xpert.Digital
La sovranità dei dati come vantaggio competitivo: commento alla sentenza della Corte di giustizia europea sulla pubblicità tramite newsletter senza consenso
Bomba della Corte di Giustizia Europea: perché la sentenza sulla newsletter svantaggia i venditori di Amazon – Il nascosto spostamento di potere nel commercio al dettaglio digitale
La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 novembre 2025 viene spesso presentata nel dibattito pubblico come una mera semplificazione per la distribuzione delle newsletter. Tuttavia, un'interpretazione così superficiale trascura le realtà economiche più profonde dell'attuale ecosistema dell'e-commerce. Questa sentenza non rappresenta altro che la conferma di un'asimmetria di potere che da anni costituisce il fondamento del panorama del commercio digitale: il controllo sui dati dei clienti è diventato il fattore competitivo decisivo. Chi possiede questi dati ha accesso diretto ai clienti. Chi non ha questo accesso è strutturalmente svantaggiato.
Con questa sentenza, la Corte ha implicitamente riconosciuto che la capacità di gestire direttamente le relazioni con i clienti è un valore economico fondamentale. La sentenza legittima quindi un assetto di potere esistente che da tempo plasma il panorama del commercio al dettaglio tedesco ed europeo. Si tratta di una decisione che consolida, piuttosto che riformare.
Superare l'architettura dell'incertezza giuridica
Prima della sentenza, l'incertezza giuridica gravava sulle piccole e medie imprese (PMI) tedesche. L'interpretazione dell'articolo 7, paragrafo 3, della legge tedesca contro la concorrenza sleale (UWG) era storicamente controversa. Mentre alcuni docenti di diritto e tribunali sostenevano che anche la registrazione gratuita potesse essere considerata una "vendita", altri sostenevano la posizione più restrittiva, secondo cui era richiesto un acquisto effettivo. Questa vaghezza ha portato molte aziende ad attuare proattivamente la procedura del doppio opt-in, sebbene non fosse obbligatoria. Hanno scelto la strategia più conservativa per evitare sanzioni.
La Corte di Giustizia Europea (CGUE) ha chiarito questa incertezza. La Corte ha chiarito che la registrazione gratuita o l'utilizzo di servizi gratuiti costituiscono effettivamente una base giuridica sufficiente per la successiva distribuzione di newsletter. Allo stesso tempo, la sentenza ha sottolineato che l'articolo 7(3) della legge tedesca sulla concorrenza sleale (UWG) è una norma più specifica rispetto al GDPR. Nello specifico, ciò significa che chiunque soddisfi tali condizioni non necessita di un ulteriore consenso alla protezione dei dati ai sensi del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
Questa precisazione elimina un inutile livello di complessità. Le aziende non devono più conformarsi contemporaneamente a due regimi giuridici, ma possono concentrarsi sulle normative specifiche della Legge sulla concorrenza sleale (UWG). Allo stesso tempo, questa precisazione crea anche opportunità per gli operatori di mercato aggressivi che in precedenza agivano in modo più restrittivo a scopo precauzionale.
La realtà economica: le newsletter come moltiplicatori di redditività
Le implicazioni economiche di questa sentenza sono guidate dalla realtà empirica dell'email marketing. I dati sono coerenti e convincenti: ogni euro investito nell'email marketing genera in media un fatturato compreso tra 38 e 42 euro. Si tratta di un ritorno sull'investimento che nessun altro canale di marketing raggiunge regolarmente. La pubblicità self-media, l'affiliate marketing e la pubblicità display tradizionale non possono competere con queste cifre.
Questa elevata redditività è radicata nella natura fondamentale dell'email marketing. A differenza dei social media o del marketing sui motori di ricerca, il mittente della newsletter ha accesso diretto al cliente. L'indirizzo email è un canale di comunicazione non filtrato da algoritmi, non dipende da cookie di terze parti e non è soggetto ai capricci dei social network. Questa è la proprietà dei media in senso classico, digitalizzata. Un abbonato alla newsletter è un asset su cui l'azienda esercita il completo controllo editoriale e commerciale.
Per i commercianti indipendenti con un proprio negozio online, la sentenza della CGUE offre concreti guadagni di efficienza. La registrazione nel negozio per memorizzare indirizzi di consegna o metodi di pagamento può ora essere considerata una base giuridica sufficiente per il marketing tramite newsletter. Ciò riduce la complessità dell'acquisizione dei clienti. Invece di dover gestire campagne opt-in separate, è possibile creare liste email tramite la normale procedura di registrazione. Per i commercianti di piccole e medie dimensioni con budget di marketing limitati, questo si traduce in un notevole risparmio sui costi.
Allo stesso tempo, la sentenza affronta un'asimmetria fondamentale: chi possiede i dati dei clienti può utilizzarli in modo produttivo; chi non li possiede non può. Questa asimmetria non è un difetto o un effetto collaterale dell'e-commerce moderno; è il nucleo del moderno modello di e-commerce. La sentenza lo ha confermato in modo inequivocabile.
Segmentazione dei vincitori e dei perdenti
Tenendo conto di questa logica economica, la segmentazione degli operatori di mercato diventa evidente. La sentenza crea vincitori immediati e perdenti strutturali.
I vincitori immediati sono i negozi online gestiti dai titolari e le aziende di e-commerce di medie dimensioni. Queste aziende hanno un rapporto diretto con i clienti. I loro clienti si registrano sui loro siti web, forniscono i loro indirizzi email e creano account utente. Con questa nuova normativa, queste aziende possono utilizzare i dati dei clienti esistenti in modo più produttivo. La barriera tra "il cliente si è registrato" e "il cliente riceve comunicazioni di marketing" è stata abbassata. Ciò significa minori costi per contatto di marketing e una maggiore probabilità che i clienti registrati ricevano effettivamente le newsletter. In pratica, per un negozio di moda online, questo potrebbe significare una riduzione immediata dei costi per contatto di marketing potenzialmente dal 20 al 30% rispetto a prima, se i processi di double opt-in potessero essere semplificati.
I perdenti rappresentano un caso più sfumato. Non sono principalmente i clienti o i consumatori, ma piuttosto quegli operatori di mercato che hanno basato la loro posizione economica sull'asimmetria dei dati. Amazon, eBay e Otto sono i principali operatori di mercato in Germania. Queste piattaforme mantengono le relazioni con i clienti. Gli acquirenti si registrano su questi marketplace, non sui siti web dei singoli venditori. Ciò significa che Amazon, eBay e Otto controllano i preziosi dati dei clienti, non i singoli venditori.
La Corte di Giustizia Europea (CGUE) non ha creato questo squilibrio di potere con la sua sentenza. Ma la sentenza lo ha confermato e legittimato. Le piattaforme non hanno alcun interesse a divulgare questi preziosi dati dei clienti ai venditori. Bloccano sistematicamente i contatti tra venditore e cliente. Un venditore su Amazon Marketplace non può inviare email dirette agli acquirenti per informarli sui nuovi prodotti. Amazon lo vieta esplicitamente. L'accesso all'indirizzo email del cliente è di fatto vietato. La sentenza non cambia questa situazione. Né può farlo, poiché interpreta solo il diritto nazionale sulla concorrenza, non i termini e le condizioni delle piattaforme private.
L'intensificazione della concentrazione del mercato
Questa dinamica porta a un'inevitabile intensificazione della concentrazione di mercato già esistente. Amazon controlla circa il 50% del volume del marketplace tedesco. Segue eBay con circa il 15% di quota di mercato e Otto con circa il 10%. Ciò significa che circa il 75% del volume del marketplace è controllato da tre operatori. All'interno di questi marketplace, ci sono migliaia di venditori individuali, la maggior parte dei quali non ha accesso diretto ai clienti.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea rafforza indirettamente questa tendenza. Incoraggia i rivenditori a raccogliere i dati dei clienti sui propri siti web. Chi opera sui marketplace non ne trae alcun beneficio. Ciò crea un forte incentivo per i rivenditori a integrare verticalmente i propri canali, abbandonando i marketplace e orientandosi verso i propri canali diretti al consumatore. Si tratta di una risposta strategica razionale. Tuttavia, aggrava anche l'asimmetria tra marchi affermati con basi di clienti esistenti e nuovi operatori del mercato. I grandi rivenditori affermati possono sfruttare direttamente le proprie reti di clienti esistenti. I nuovi e piccoli fornitori devono ancora costruire la propria base di clienti. La sentenza favorisce strutturalmente l'ordine esistente.
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Dalla protezione dei dati al profitto: come sta cambiando la regolamentazione europea
Le implicazioni internazionali e la posizione europea
La sentenza proviene da una corte europea ed è direttamente applicabile solo all'interno del territorio europeo. Tuttavia, segnala una posizione significativa per la futura politica europea in materia di dati. Storicamente, la logica normativa europea, sin dall'introduzione del GDPR, è stata protezionistica nei confronti dei dati personali. Il GDPR è stato un tentativo di proteggere i cittadini europei dalla fame di dati delle aziende tecnologiche americane. È stato anche un tentativo di garantire alle aziende europee un maggiore controllo sui loro dati.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea del novembre 2025 segna un cambiamento: l'attenzione non è più rivolta alle massime restrizioni in materia di protezione dei dati, ma piuttosto alla capacità delle aziende di utilizzare in modo efficiente i dati acquisiti. Questa prospettiva migliora la redditività dell'e-commerce europeo, ma anche in modo asimmetrico. Migliora la redditività delle aziende che già possiedono i dati dei clienti. Non migliora la redditività di quelle che non li possiedono.
Da una prospettiva geoeconomica, ciò significa che la sentenza segue un percorso normativo europeo che svantaggia i giganti tecnologici americani come Amazon (anch'essi vincolati dal GDPR europeo), ma al contempo rafforza i rivenditori europei. Ciò potrebbe essere interpretato come una misura protezionistica, non nel senso di tariffe punitive, ma nel senso di migliori condizioni per i concorrenti europei. In realtà, tuttavia, si tratta piuttosto di un cambiamento nell'immagine europea di sé: dalla massima protezione dei dati a una protezione pragmatica dei dati che consenta l'efficienza economica.
La realtà del Customer Lifetime Value
La potenza economica dell'email marketing deriva in ultima analisi dal concetto di Customer Lifetime Value (CLV). Questa metrica calcola il profitto totale che un cliente genera per un'azienda durante l'intera durata del rapporto commerciale. Per un e-commerce medio con un valore medio degli ordini di 80 €, circa quattro acquisti all'anno e un periodo medio di fidelizzazione dei clienti di tre anni, il CLV è di circa 480 €, al netto dei costi.
Questa è una metrica fondamentale per la redditività. Se un cliente effettua un acquisto una tantum e poi scompare, l'acquisizione è costosa e il modello di business è fragile. Al contrario, se un cliente effettua acquisti ripetuti e genera un valore cumulativo costantemente elevato per l'azienda per diversi anni, l'acquisizione diventa sostenibile e la redditività complessiva rimane stabile. L'email marketing è uno degli strumenti più efficaci per ottenere questi acquisti ripetuti perché aumenta significativamente il tasso di fidelizzazione dei clienti. Una serie di newsletter ben gestita può riattivare i clienti esistenti, aumentare la consapevolezza di nuovi prodotti e aumentare la frequenza media degli acquisti ripetuti.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea consente ai rivenditori di semplificare questo processo. Il percorso dall'acquisto iniziale all'iscrizione alla newsletter viene semplificato. Ciò significa che un numero maggiore di potenziali clienti abituali verrà effettivamente registrato come iscritto alla newsletter. Diventa quindi più probabile convertire i nuovi clienti in clienti fidelizzati.
La distribuzione asimmetrica dei profitti
Qui risiede una significativa asimmetria. I benefici di questa sentenza non sono distribuiti equamente. I grandi rivenditori affermati con una base clienti esistente ne traggono un vantaggio immediato. Possono sfruttare i dati dei loro clienti esistenti in modo più produttivo. Un grande rivenditore di scarpe con un milione di iscritti alla newsletter può utilizzare questa lista in modo ancora più efficace. I guadagni marginali derivanti da queste nuove libertà di accesso dei clienti sono probabilmente inferiori al 5% di fatturato aggiuntivo per loro.
I piccoli rivenditori e i nuovi operatori, privi di una base clienti consolidata, beneficiano meno nell'immediato. Devono raccogliere dati sui nuovi clienti. La sentenza non semplifica questo compito; semplifica solo l'utilizzo di tali dati una volta raccolti. Il vantaggio strutturale per i nuovi entranti nel mercato rimane.
La sentenza non cambia il fatto che i venditori dei marketplace, come i venditori di Amazon, non abbiano accesso ai dati dei clienti. Sono bloccati nella stessa trappola di prima. Possono vendere i loro prodotti sul marketplace, ma non possono gestire direttamente la relazione con il cliente. Ciò è esplicitamente vietato dai termini e dalle condizioni dei marketplace.
Le implicazioni per il modello diretto al consumatore
Tuttavia, la sentenza rafforza un sistema di incentivi strategici già implicito nella politica europea sui dati: l'incentivo all'integrazione verticale. I rivenditori sono incoraggiati a segmentare i propri canali. Dovrebbero stabilire un accesso diretto ai dati dei clienti gestendo i clienti sui propri siti web, app mobili o altri canali di proprietà. Si tratta di un modello di contatto diretto con il consumatore. Amazon e altri marketplace stanno cercando di impedire questa integrazione verticale, ma il regolamento crea forti incentivi a sostenerla.
Si tratta di un sottile cambiamento nella logica di mercato. Significa che, a medio termine, i rivenditori che costruiscono canali diretti al consumatore di successo otterranno un vantaggio economico rispetto ai venditori che operano su marketplace puri. Questo è particolarmente vero per il settore della moda e del lifestyle, dove i modelli diretti al consumatore stanno già guadagnando terreno. Marchi come Zalando lo hanno riconosciuto e stanno costruendo la loro piattaforma come un quasi-marketplace, pur mantenendo un maggiore controllo sui dati dei clienti rispetto ai venditori di Amazon.
La realtà della concorrenza in condizioni di asimmetria dei dati
Ciò porta a una scomoda realtà: la sentenza della Corte di Giustizia Europea è pragmatica ed economicamente valida. Riduce gli attriti normativi e consente pratiche di marketing più economiche. Allo stesso tempo, aggrava gli squilibri strutturali già esistenti nel mercato. È una decisione che non democratizza l'attuale distribuzione del potere, ma piuttosto la consolida.
I venditori sui marketplace non vengono rafforzati. I piccoli operatori di mercato senza una base clienti esistente non vengono rafforzati proporzionalmente. I nuovi operatori di mercato senza accesso ai dati dei clienti non vengono rafforzati. I beneficiari sono i rivenditori e i marchi affermati che hanno già una base clienti. Questa è la realtà dell'e-commerce moderno in condizioni di asimmetria dei dati.
La dimensione economica a lungo termine
Nel lungo termine, questa sentenza accelererà le tendenze esistenti. I mercati dell'e-commerce diventeranno più segmentati tra operatori con accesso diretto ai clienti e operatori senza. La redditività di questi due modelli divergerà. I modelli diretti al consumatore diventeranno più redditizi, mentre i modelli di vendita tramite marketplace lo saranno meno a causa della minore fidelizzazione dei clienti. Ciò porterà a un'ulteriore centralizzazione dell'e-commerce nelle mani di un numero minore di grandi operatori integrati che controllano i propri canali verticali.
Questo è in definitiva il paradosso economico della politica europea in materia di dati. È stata introdotta con il GDPR per ridurre lo squilibrio di potere tra aziende e cittadini. Tuttavia, la sua attuazione ha portato a un aumento dello squilibrio di potere tra grandi operatori affermati e piccoli nuovi entranti nel mercato. La sentenza della Corte di Giustizia Europea aggrava questo effetto.
Pragmatismo invece di riforma
La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 novembre 2025 sulla pubblicità tramite newsletter senza consenso è una sentenza pragmatica. Riduce gli attriti normativi, consente pratiche di marketing più efficienti e fa chiarezza in un ambito precedentemente afflitto da incertezze. Per i rivenditori con una base clienti esistente, si tratta di un vantaggio concreto, che riduce i costi di marketing e aumenta l'efficienza.
Allo stesso tempo, questa sentenza non affronta nessuno dei problemi strutturali dell'e-commerce moderno. Anzi, esacerba le asimmetrie esistenti. Chi possiede i dati dei clienti è avvantaggiato. Chi non li possiede rimane svantaggiato. I venditori sui marketplace senza accesso diretto ai clienti non ne traggono alcun vantaggio. I nuovi entranti sul mercato senza una base clienti esistente non ne traggono alcun vantaggio. La stragrande maggioranza dei rivenditori in Germania che vendono sui marketplace non ne trae alcun vantaggio.
La sentenza esemplifica quindi l'attuale approccio normativo europeo pragmatico: ottimizzare l'ordine esistente anziché riformarlo. Questo è economicamente razionale finché l'obiettivo è la massimizzazione del profitto. Tuttavia, è anche politicamente significativo perché significa che gli squilibri di potere centrali del moderno e-commerce non vengono corretti dalla giurisprudenza europea, ma piuttosto legittimati.
I vincitori economici di questa sentenza sono quindi chiari: grandi rivenditori affermati e aziende di marca con una base clienti consolidata. I perdenti sono diffusi, ma misurabili: venditori di marketplace, nuovi entranti e piccoli operatori di mercato senza accesso diretto alla clientela. Questo è il risultato economico.
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