
La Commissione UE e Google: cronaca della lotta contro le distorsioni della concorrenza nel settore tecnologico – Immagine: Xpert.Digital
UE contro Google: una battaglia per la supremazia digitale – The Chronicle
L'effetto Bruxelles: come la controversia su Google sta plasmando la regolamentazione tecnologica globale
Negli ultimi anni, l'Unione Europea ha condotto una battaglia decisa contro le distorsioni della concorrenza nel settore tecnologico, con particolare attenzione al gigante di internet Google. La storia di questo conflitto ha recentemente preso una piega inaspettata quando il Tribunale dell'Unione Europea (EGC) ha annullato una multa multimiliardaria inflitta al gestore del motore di ricerca. Questa controversia legale si inserisce in un più ampio confronto tra le autorità europee garanti della concorrenza e le principali aziende tecnologiche che dominano l'era digitale.
2019: la penalizzazione di AdSense e la sorprendente svolta degli eventi
Nel marzo 2019, la Commissione Europea ha inflitto a Google una multa di 1,49 miliardi di euro per abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità sui motori di ricerca online. L'allora Commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, ha dichiarato che Google aveva consolidato la propria posizione dominante nel settore della pubblicità sui motori di ricerca online attraverso restrizioni contrattuali anticoncorrenziali su siti web di terze parti, proteggendosi così dalla pressione concorrenziale. Nello specifico, il caso riguardava il servizio AdSense per la ricerca, che consente ai gestori di siti web di integrare i campi di ricerca di Google nelle proprie offerte a pagamento.
La Commissione ha accusato Google di aver consolidato la sua posizione dominante nella pubblicità sui motori di ricerca dal 2006 utilizzando clausole di esclusiva. Un'analisi più approfondita di queste clausole rivela tre elementi particolarmente problematici: la clausola di esclusiva, la clausola di posizionamento e la clausola di previa approvazione. Queste componenti contrattuali limitano la possibilità per i gestori di siti web di visualizzare annunci pubblicitari di servizi concorrenti.
La sorprendente svolta degli eventi si è verificata il 18 settembre 2024, quando la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha annullato la sanzione antitrust. I giudici lussemburghesi hanno dichiarato che la Commissione Europea non aveva sufficientemente dimostrato che Google avesse abusato della sua posizione dominante nella pubblicità sui motori di ricerca attraverso il suo servizio "AdSense per la Ricerca". Sebbene la Corte abbia confermato la maggior parte delle conclusioni della Commissione Europea, ha osservato che Google aveva utilizzato diverse clausole di esclusiva e che la Commissione non aveva chiarito adeguatamente quali clausole fossero state utilizzate, per quali periodi e quali mercati fossero stati interessati.
Questa decisione non significa la fine del caso. La Commissione europea si trova ora di fronte alla scelta se riesaminare le parti rilevanti e quindi decidere nuovamente se imporre una sanzione per violazione della concorrenza, oppure presentare ricorso contro la sentenza del Tribunale alla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE). Per Google, questa sentenza rappresenta una pietra miliare importante, particolarmente significativa dopo la recente sconfitta nel caso Google Shopping.
Il precedente procedimento antitrust contro Google
La sanzione ad AdSense non è stata affatto il primo scontro tra Google e le autorità europee garanti della concorrenza. Piuttosto, ha rappresentato la terza importante sanzione antitrust inflitta al gigante della tecnologia dalla Commissione Europea nell'arco di tre anni.
2017: Il caso Google Shopping
Il primo caso significativo ha riguardato il servizio di comparazione prezzi di Google, Google Shopping. Nel giugno 2017, la Commissione ha inflitto a Google una multa di 2,42 miliardi di euro per aver favorito il proprio servizio di comparazione prezzi nei risultati di ricerca. Il nocciolo del problema era che Google non aveva utilizzato il suo algoritmo, che classifica i risultati di ricerca in base alla pertinenza, per Google Shopping. Al contrario, i risultati del proprio servizio venivano sistematicamente posizionati in cima ai risultati di ricerca, mentre le offerte della concorrenza apparivano più in basso.
La Commissione ha rilevato che questa pratica svantaggiava significativamente i concorrenti e limitava la scelta dei consumatori. Sebbene Google sostenesse che favorire il proprio servizio facesse parte di una strategia volta a migliorare l'esperienza utente, tale argomentazione non riuscì a convincere la Commissione.
È particolarmente degno di nota il fatto che la Corte di Giustizia Europea abbia recentemente confermato, il 10 settembre 2024, la decisione della Commissione in questo caso. I giudici hanno sostenuto la tesi secondo cui Google avrebbe abusato del proprio potere di mercato privilegiando i risultati del proprio servizio di comparazione prezzi rispetto a quelli dei suoi concorrenti nella pagina dei risultati di ricerca generale.
2018: il caso Android
Il secondo caso importante ha riguardato il sistema operativo mobile Android di Google, installato su circa l'85% dei dispositivi mobili Internet in tutto il mondo. Nel luglio 2018, la Commissione Europea ha imposto a Google una multa record di 4,34 miliardi di euro per pratiche illegali relative a questo sistema operativo.
La Commissione ha sollevato obiezioni su diversi aspetti del modello di business di Google. Sebbene Google fornisse gratuitamente il suo sistema operativo ai produttori di dispositivi, imponeva determinate condizioni. Particolarmente problematico era l'obbligo di installare interi pacchetti software Google se i produttori desideravano dotare i propri dispositivi di specifiche applicazioni Google, in particolare il browser web Chrome.
Secondo la Commissione, questa pratica ha portato Google ad aumentare il proprio potere di mercato e a limitare sia la scelta dei clienti che la concorrenza. Margrethe Vestager ha sostenuto che il sistema operativo fungeva da strumento per indirizzare l'utilizzo di Internet da parte dei possessori di dispositivi Android attraverso il motore di ricerca di Google, consolidando così la propria posizione dominante.
Nel 2022, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha ridotto leggermente l'ammenda a 4,125 miliardi di euro, ma ha sostanzialmente confermato le argomentazioni della Commissione. Google ha presentato ricorso contro questa decisione e il caso è attualmente pendente dinanzi alla Corte di giustizia europea.
L'impatto delle sanzioni antitrust su Google
L'importo complessivo di otto miliardi di euro di sanzioni inflitte a Google dalla Commissione Europea può sembrare impressionante a prima vista. Tuttavia, per un'azienda con un fatturato annuo superiore a 280 miliardi di dollari USA (al 2023), non rappresenta una minaccia esistenziale. Google è stata in grado di assorbire questi oneri finanziari in tempi relativamente rapidi grazie al suo fiorente business pubblicitario online.
Tuttavia, i procedimenti antitrust hanno avuto un impatto notevole sul modello di business di Google. In tutti e tre i casi, l'azienda ha dovuto apportare modifiche alle proprie pratiche. Nel caso di Google Shopping, alle offerte concorrenti è stata data maggiore visibilità nei risultati di ricerca. Con Android, Google ha allentato le condizioni per i produttori di dispositivi e ha concesso maggiore flessibilità nell'installazione delle applicazioni. E anche nel caso di AdSense, Google aveva già rimosso o modificato le controverse clausole contrattuali prima della decisione finale della Commissione nel 2016.
Questi adeguamenti imposti dimostrano che, nonostante la gestibilità finanziaria delle sanzioni, i procedimenti antitrust hanno effettivamente avuto un impatto sulle pratiche commerciali del gigante della tecnologia. Hanno contribuito a promuovere la concorrenza in determinati settori e ad ampliare la scelta dei consumatori.
Il ruolo della Commissione UE nella regolamentazione delle aziende tecnologiche
La lotta della Commissione Europea contro le distorsioni della concorrenza causate da Google rientra in una strategia più ampia volta a regolamentare le grandi aziende tecnologiche. Da anni Bruxelles discute su come impedire a poche aziende di dominare l'economia digitale e soffocare la concorrenza.
Una figura chiave in questa lotta è stata Margrethe Vestager, Commissaria UE per la Concorrenza dal 2014 al 2019 e successivamente Vicepresidente Esecutiva per un'Europa pronta al digitale. Sotto la sua guida, la Commissione ha intrapreso azioni non solo contro Google, ma anche contro altri giganti della tecnologia come Apple, Amazon e Facebook (ora Meta). L'attenzione si è concentrata su tre aree principali: comportamento anticoncorrenziale, evasione fiscale e violazione della privacy degli utenti.
Oltre a imporre sanzioni, l'UE ha anche creato nuovi quadri giuridici per limitare il predominio delle grandi piattaforme online. Di particolare rilievo è il Digital Markets Act (DMA), approvato nel 2022 ed entrato in vigore nel 2023. Questa legge mira a prevenire le pratiche commerciali sleali dei cosiddetti gatekeeper, ovvero le piattaforme digitali più grandi e potenti, e a promuovere la concorrenza nel settore digitale.
Il DMA vieta alcune pratiche che la Commissione ha identificato come problematiche nei procedimenti antitrust contro Google e altre aziende. Tra queste rientrano, tra le altre cose, l'auto-preferenza dei propri servizi, l'utilizzo dei dati degli utenti aziendali per il proprio vantaggio competitivo e il divieto di disinstallazione di applicazioni preinstallate.
Critiche alla politica antitrust dell'UE
Tuttavia, anche le aggressive politiche antitrust dell'UE nei confronti delle aziende tecnologiche hanno suscitato critiche. Alcuni sostengono che l'Europa sia ostile all'innovazione e ostacoli il progresso tecnologico attraverso una regolamentazione eccessiva. Altri considerano le misure contro le aziende, prevalentemente americane, una forma di protezionismo mascherato.
Google ha ripetutamente contestato le decisioni della Commissione, sostenendo che le sue pratiche promuovono, anziché ostacolare, la concorrenza. In seguito alla sanzione pecuniaria inflitta ad Android, un portavoce di Google ha dichiarato che Android ha creato più scelta per tutti, non meno. Dal punto di vista dell'azienda, i servizi e i prodotti gratuiti rappresentano un vantaggio per i consumatori, non un abuso di posizione dominante sul mercato.
I sostenitori della politica dell'UE ribattono, tuttavia, che le grandi aziende tecnologiche hanno una responsabilità particolare a causa del loro enorme potere di mercato. Sostengono che i mercati possono funzionare in modo efficiente solo se è garantita una concorrenza leale, e che gli interventi della Commissione tutelano proprio questa concorrenza leale.
L'impatto globale della politica antitrust dell'UE
Le decisioni antitrust dell'UE hanno ripercussioni ben oltre i confini europei. Poiché molte aziende tecnologiche operano a livello globale, le modifiche ai loro modelli di business in Europa spesso portano ad adattamenti globali. Questo è noto come "effetto Bruxelles", ovvero la capacità dell'UE di stabilire standard globali attraverso le sue normative.
Inoltre, le misure europee hanno ispirato anche le autorità antitrust di altre parti del mondo. Negli Stati Uniti, a lungo restii a regolamentare le aziende tecnologiche, il clima è cambiato negli ultimi anni. Sia la Federal Trade Commission che il Dipartimento di Giustizia hanno avviato indagini su Google, Amazon, Apple e Facebook. Iniziative simili sono state avviate anche in paesi come Australia, Giappone e Corea del Sud.
Questa convergenza globale nella politica antitrust suggerisce che i dibattiti avviati dall'UE sul potere di mercato delle grandi aziende tecnologiche sono sempre più visti come preoccupazioni legittime, rilevanti al di là dei confini politici e geografici.
Il futuro del conflitto tra Google e l'UE
La decisione del Tribunale di annullare la sanzione pecuniaria inflitta ad AdSense segna una tappa importante nella lunga controversia tra Google e l'UE, ma non ne sancisce affatto la fine. Come sottolinea Sarah Blazek, socia dello studio legale Noerr, il Tribunale chiarisce che, anche nel caso delle Big Tech, non si dovrebbero applicare standard particolari. La Commissione deve considerare tutte le circostanze rilevanti e condurre il suo caso con la dovuta diligenza.
Tuttavia, si prevede che la Commissione manterrà il suo approccio conflittuale nei confronti delle grandi aziende tecnologiche. Il Digital Markets Act le fornisce nuovi strumenti a tal fine, andando oltre il tradizionale diritto antitrust e adottando misure preventive contro potenziali distorsioni della concorrenza.
Per Google e altre aziende tecnologiche, ciò significa che continueranno a sottoporsi a una rigorosa supervisione normativa in Europa. Potrebbero dover adattare ulteriormente i loro modelli di business per soddisfare i requisiti europei.
La sfida per l'UE è creare un quadro normativo che, da un lato, tuteli la concorrenza leale e i diritti dei consumatori, e dall'altro lasci spazio all'innovazione e alla crescita. Le decisioni nei casi Google dimostrano che si tratta di un difficile equilibrio che richiede una revisione e un adattamento costanti.
Il significato più ampio del conflitto per l’economia digitale
La controversia tra Google e la Commissione Europea solleva interrogativi fondamentali sulla natura dell'economia digitale e sul ruolo appropriato della regolamentazione in questo ambito. I mercati digitali presentano caratteristiche specifiche che li distinguono dai mercati tradizionali, come gli effetti di rete che possono portare alla concentrazione del potere di mercato, o il ruolo centrale dei dati come fattore competitivo.
Queste caratteristiche uniche pongono sfide agli strumenti antitrust tradizionali. L'UE ha risposto con una combinazione di procedure antitrust tradizionali e nuovi approcci normativi come il Digital Markets Act. Tuttavia, il caso Google dimostra che questo approccio non è privo di difficoltà e che i tribunali svolgono un ruolo correttivo cruciale.
Per le aziende, in particolare startup e PMI che operano nel settore digitale, regolamentare i gatekeeper come Google crea potenzialmente nuove opportunità. Impedire alle piattaforme dominanti di abusare del loro potere di mercato potrebbe portare a un ecosistema digitale più aperto e dinamico.
La lotta per una concorrenza leale nell'economia digitale europea
La storia dei procedimenti antitrust dell'UE contro Google riflette il più ampio conflitto tra il crescente potere di mercato delle aziende tecnologiche globali e gli sforzi delle autorità di regolamentazione per garantire una concorrenza leale e tutelare i consumatori. La recente sentenza del Tribunale nel caso AdSense dimostra che questo conflitto è complesso e non offre soluzioni facili.
La multa da 1,49 miliardi di euro, inizialmente imposta e successivamente annullata, fa parte di un più ampio contesto di controversie che include anche i casi Google Shopping e Android. Insieme, questi casi non solo hanno comportato significative sanzioni pecuniarie, ma hanno anche portato a cambiamenti nelle pratiche commerciali di Google e allo sviluppo di nuovi quadri normativi come il Digital Markets Act.
Mentre la Commissione Europea continua a impegnarsi per limitare il potere di mercato delle grandi aziende tecnologiche, queste ultime devono adattare i propri modelli di business e trovare nuovi modi per operare in conformità con le norme europee. Allo stesso tempo, le autorità di regolamentazione devono garantire che le loro misure non soffochino l'innovazione né danneggino involontariamente i consumatori.
Le decisioni delle corti europee in questi casi contribuiscono a trovare un equilibrio e a garantire che la regolamentazione poggi su solide basi giuridiche. Esse ci ricordano che la tutela della concorrenza è un processo continuo che richiede un adattamento e una revisione costanti, soprattutto in un'economia digitale in rapida evoluzione.
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